L’origine del nome è incerto. È interessante ricordare quello mitologico: la leggenda dell’amore tra la ninfa Agilla, abitante del lago, e il principe Trasimeno figlio del re etrusco Tirreno.
Vuole il racconto che entrambi giacciano sul fondo del lago ed abbiano per cuscino (pulvinar) la più bella delle isole del Lago.
Esistono altre ipotesi etimologiche come la provenienza dal latino pulvis (polvere) con riferimento alla bruma che spesso circonda il Lago.
Oppure da pauvese uno scudo medievale usato dalle milizie di cui ricorda un po’ la forma.
Più semplicemente potrebbe derivare da “polvento” antica locuzione avverbiale che indica un luogo protetto dal vento.
La sottomissione al Comune di Perugia

Quel “Campo di Maggio” del 1139 nella Piazza di San Lorenzo in Perugia, tredici rappresentanti della Polvese legano indissolubilmente la storia dell’Isola a quella di Perugia dichiarando di sottomettersi alla città ed al popolo di Perugia rappresentati dai consoli.
Non esiste una storia completa dell’Isola, dobbiamo accontentarci delle sparse notizie ecclesiastiche e civili legate alla vita di Perugia protettrice dell’Isola.
L’atto di sottomissione del 1139 è il primo e completo documento storico di riferimento.

La testimonianza più importante è scolpita tra le statue che delimitano le facce della vasca superiore della duecentesca Fontana Maggiore di Perugia.
Troviamo accanto ad Augusta Perusia, la statua di Domina lacus che raffigura il territorio lacustre attraverso l’immagine di una donna con in grembo una cornucopia dalla quale escono i pesci.
Sta a simboleggiare il nutrimento ottenuto dai pesci donati dalla ninfa del lago Trasimeno.

Non è casuale la presenza della formella che rappresenta il Trasimeno sulla vasca inferiore.
Infatti la troviamo tra quelle in cui sono rappresentati i mesi dell’anno.
E precisamente nella formella con il pescatore che simboleggia febbraio, periodo in cui l’attività piscatoria sul Trasimeno era condotta con molta alacrità.
Altre fonti Storiche del Trasimeno e della Polvese

Il Lago Trasimeno è anche illustrato in una preziosa cartografia commissionata da Cesare Borgia e disegnata dalla sapiente mano di Leonardo Da Vinci tra il 1502 e il 1503.
La funzione idrografica della mappa, disegnata a volo d’uccello, è ben evidenziata in un foglio di studio (Windsor, RL, 12277).
Leonardo rileva un canale in secca, già emissario del Trasimeno verso la Val di Chiana.
Qui annota che è stato chiuso dal signore di Perugia Andrea Fortebraccio.
Fortebraccio chiuse l’emissario riaprendo nel contempo l’antico emissario a sud del Trasimeno.
L’emissario era occluso in un breve tratto percorso in galleria, che fin dall’epoca romana permetteva di far defluire le acque del lago verso il Tevere.
L’Isola Polvese risulta frequentata dagli etruschi e abitata poi dai romani, che vi lasciarono alcune importanti testimonianze architettoniche.
Tra queste un resto di Opus reticolatum visibile di fronte alla Chiesa di San Giuliano.
Nel Medioevo gli abitanti dichiarano la sottomissione al potente Comune di Perugia.
In questo periodo vengono edificate varie chiese e si da inizio alla costruzione del Castello di difesa a protezione del borgo.
Sull’Isola furono presenti l’Ordine dei Domenicani e quello Benedettino degli Olivetani. Dal 1840 al 1973 divenne proprietà di privati che la utilizzarono prevalentemente come riserva di caccia.
Monastero la fondazione e il periodo dei Benedettini
Un primo documento che attesta la presenza della struttura nell’Isola Polvese risale al 1014 in un privilegio concesso all’Abbazia di Farneta in Val di Chiana dall’Imperatore Enrico II.
Un diploma nel 1163ne conferma la dipendenza dall’Imperatore Federico Barbarossa.
Ugo, abate del Monastero benedettino di San Gennaro di Campoleone in provincia di Arezzo, nel 1184, cedendo alla città di Perugia Castiglione del Lago con tutti i suoi possessi, compresa l’Isola Polvese, obbliga gli abitanti di Castiglione a fornire il Monastero di una Chiesa, di un orto e di una vigna.
Nel 1238 la Chiesa di San Secondo, in una bolla di Gregorio IX, viene ricordata come Pieve appartenente agli olivetani.
La giurisdizione del possesso del Monastero risulta più volte contesa tra l’Abbazia di Farneta e i rettori nominati dal Vescovo di Perugia. La disputa si risolse solo nel 1399 allorchè Bonifacio IX riconobbe i diritti al rettore Angelo di Lorenzo.
Il Monastero e gli Olivetani
Dapprima benedettina, come ricordato, passò sotto la sfera dei Monaci Olivetani quando questi fondarono un Monastero a Monte Morcino di Perugia ed ebbero la guida del Collegio della Sapienza Vecchia.
Probabilmente i Monaci Olivetani entrarono a San Secondo nel 1404.
Dal 1482 San Secondo assunse il titolo di Monastero, acquisendo così un’autonomia gestionale e prerogative di carattere economico che ne accrebbero ben presto i possedimenti e la ricchezza.
Nel seicento il Monastero possedeva quasi la metà dell’isola e ciò provocò un certo decremento della popolazione isolana costretta a migrare in altre località.
Questa situazione non dura a lungo, il progressivo impaludamento del lago Trasimeno e la diffusione della malaria costrinsero Papa Gregorio XV a trasferire la comunità di San Secondo nel Monastero perugino di Sant’Antonio, tranne uno che rimase per la cura delle anime.

Chiuso definitivamente nel 1708 e abbandonato, subì il saccheggio di quanto vi era conservato.
Il Monastero subì la spoliazione di tutte le suppellettili sacre e profane.
Tra le quali la pala d’altare di Bernardino di Mariotto (ora a Perugia nella Galleria Nazionale dell’Umbria).
Inoltre era presente una tela di Sinibaldo Ibi (ora a Roma nella chiesa di Santa Francesco Romana).

Adibito ad abitazione di coloni, viene trasformato in una stalla per il bestiame e la sala capitolare in magazzino.
Nel corso degli anni, dopo essere passato nelle mani di diversi proprietari, la Provincia di Perugia acquista la proprietà nel 1973.
Il complesso ha subito profonde modifiche nel corso del tempo, rendendo l’aspetto originario riconoscibile solo in parte.
Dalla guerra di Castro ai Conti Baldeschi
Gli abitanti del lago Trasimeno e delle sue isole vivono le fasi più cruente della guerra di Castro.
Le cause che davano origine a questa guerra vanno ricercate nell’astio tra le famiglie Farnese e Barberini.
La guerra interessò la Romagna, la Toscana, l’Umbria e il Lazio. Questa situazione portò gravi danni all’economia dell’Isola, in quanto la distruzione delle truppe fiorentine fu violenta.
Furono distrutte anche le attrezzature e barche della pesca, unica fonte di reddito e di sostentamento, mentre Perugia era alleata dei Barberini.
Si verificò un forte calo demografico, l’Isola Polvese aveva perduto il ruolo di luogo sicuro conservato per tanti secoli.
Per la grande precarietà economica, si assisteva ad un crescente abbandono da parte dei suoi abitanti.
La vita sulla Polvese stentava a riprendersi, prima della guerra di Castro contava oltre 300 abitanti.
Dopo la fine della guerra, il censimento pontificio del 1656 rivela l’abbandono dell’Isola che ormai contava appena 15 famiglie (circa 89 persone).
Dai Conti Baldeschi al Commendatore Biagio Biagiotti
Successivamente l’Isola è diventata proprietà privata: nel 1772 dai Conti Baldeschi, nel 1841 dal Conte Panciani di Spoleto, nel 1888 dal Commendatore Ferdinando Cesaroni; nel 1901 abitava l’Isola un solo elettore amministrativo.
I conti Baldeschi nel 1772ottengono la licenza esclusiva di caccia sull’Isola, cosicché per gli isolani rimasti 80 persone circa viene meno un‘altra fonte di reddito derivante dalla cattura della selvaggina. Nel 1823, Papa Gregorio XVI soppresse gli ordini religiosi mettendone in vendita i beni.
Nel 1833 tutti i terreni e gli immobili sono acquistati dal Conte Pianciani di Spoleto che divenne l’unico proprietario, rimise l’Isola in coltivazione affittandola a coloni e vi fece costruire la fagianaia.

Nel 1893, l’Isola è acquistata dal perugino Commendatore Ferdinando Cesaroni e successivamente nel 1939 dal Commendatore Biagio Biagiotti che costruisce la sua residenza di caccia e sistema le strade e le case del Borgo.
Il Conte Giannino Citterio
Nel 1959 la proprietà passa al Conte milanese Giannino Citterio, che fa realizzare dall’architetto Tomaso Buzzi la Villa padronale ricavata dalla ristrutturazione della casa di caccia del Biagiotti
Inoltre affidò all’architetto paesaggista Pietro Porcinai la sistemazione delle aree verdi adiacenti alla Villa e la realizzazione di una piscina con giardino acquatico.
Adattata dal sito della Provincia di Perugia www.provincia.perugia.it